Una Volée Di Libertà

Grand Hotel Tremezzo Gazette 2

Mariuccia Gandola, ragazza dei primi del Novecento, adorava giocare a tennis. Ed era stata accontentata in questa sua passione perché i genitori, Enea Gandola e Maria Orsolini Bolla, fondatori del Grand Hotel Tremezzo, avevano dotato l’albergo, già nel 1910, di uno dei primi campi da tennis del Lago di Como. Ed è lo stesso campo, circondato da siepi di gelsomino, su cui si sfidano ancora oggi i nostri ospiti. Una fotografia dell’epoca aveva sorpreso Mariuccia insieme a un’amica e un maestro.

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Tutti e tre vestiti di bianco, eterno colore della villeggiatura estiva, e già le signore del Grand Hotel Tremezzo indossavano una gonna appena sopra la caviglia, una blusa morbida e leggera, e delle due giocatrici Mariuccia è sicuramente quella a maniche corte, lei sempre più alla moda, più moderna, più libera.

Anche sul campo da tennis del nostro albergo si è giocata infatti la partita della emancipazione femminile, quando emancipazione voleva dire anzitutto conquistare la libertà di movimento. Difficile immaginare oggi cosa volesse dire battere un servizio, correre a rete, risalire a fondo campo strette in un busto che toglieva fiato ed energia. E non era una rarità se a volte le giocatrici di fine Ottocento svenivano durante il match.

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Il primo tennis club al mondo era stato inaugurato nel 1874 in Inghilterra, anche se la parola tennis, britannicissima, deriva da tenez!, imperativo francese del verbo “prendere”. Tenete, prendete, il gioco inizia. E come si legge in molte pagine del suo diario, Mariuccia aveva assistito alle partite degli ospiti più aristocratici dell’albergo, dal principe Ruspoli al duca Litta Modigliani, dalla baronessa Sophie Von Edelstrom alla principessa Orsini, senza dimenticare Filippo Tommaso Marinetti, padre del Futurismo, e Tom Antongini, segretario personale di Gabriele D’Annunzio e magnifico tennista, già socio del Lawn Tennis Club, fondato a Milano nel 1893. Mariuccia è spesso sua partner in doppi perdifiato e tutte le signore non possono che ammirare quest’uomo di rara eleganza, in completo bianco, foulard al collo e berretto con visiera nera degli ufficiali di Marina.

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Al ritorno della pace dopo la Prima guerra mondiale, Mariuccia vede arrivare al Grand Hotel Tremezzo le prime ospiti vestite Chanel. E Coco aveva preso dal guardaroba maschile, anche in versione sportiva e tennistica, un tessuto di meravigliosa morbidezza come il jersey e ne aveva fatto il protagonista del suo stile. Mariuccia annota e memorizza, e nelle fotografie che la ritraggono non solo accorcia le gonne, ma semplifica le linee dell’intero guardaroba. Anche perché, dopo il tennis, ama vogare in libertà lungo le sponde del “suo” lago. Poi all’orizzonte compare un’altra donna, che cambia tutto. Ed è ancora Mariuccia a raccoglierne la storia, lei che è la biografia ufficiale dei primi vent’anni del Grand Hotel Tremezzo.

Un giorno sulle pagine de Le Figaro, a cui la famiglia Gandola era abbonata, compare la fotografia di una ragazza di vent’anni che gioca a tennis, e gioca come non si era mai visto prima di allora: salta, vola, danza. E vince. Ed è Suzanne Lenglen. E la fotografia che Mariuccia conserva nel suo diario ritrae Suzanne vincitrice a Wimbledon nel 1920. La “Divina”, come la chiamavano, veste un completo straordinario per l’epoca, gonna di seta a pieghe appena sotto il ginocchio, maglia senza maniche e una fascia di tulle al posto del cappello. Lo stile flapper conquista i campi di tennis. E a firmare quella dichiarazione di scioltezza e indipendenza è Jean Patou, meraviglioso couturier parigino. Mariuccia riproduce lo stesso modello. Anche la fascia, di colore arancione. E indossandola per trattenere i lunghissimi capelli – quelli no, troppo belli per tagliarli à la garçonne – deve aver sentito qualcosa. Una premonizione. Un’emozione perché oggi quel colore, di sole e di passione, di libertà e di gioia, è il colore del Grand Hotel Tremezzo.