Nel Candore Degli Ellebori, Gli Auguri Del Grand Hotel Tremezzo

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Se potessimo tornare al dicembre del 1911, al primo anno di vita del Grand Hotel Tremezzo, avremmo notato un gran fervore. Le montagne intorno al Lago di Como erano ricoperte di neve e lo stesso bianco, nei leggeri teli di cotone, ricopriva i mobili di ogni salone dell’hotel.

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Eppure sembrava che gli ospiti del Palace fossero ancora lì, tanto la famiglia Gandola, il personale e tutto il paese di Tremezzo erano in fibrillazione. Come scrive Mariuccia nel suo diario, l’intera comunità del Grand Hotel Tremezzo aveva infatti iniziato la raccolta degli ellebori, che crescevano e crescono ancora oggi spontanei sui prati e nei boschi non lontani dall’hotel. Era stata la signora Gandola a scegliere come omaggio di fine anno quel fiore bellissimo, il suo preferito, candido con leggere striature rosate, che sboccia da dicembre a febbraio quando il resto della natura ormai riposa.

"Ognuno di noi aveva un cestino di vimini e facevamo a gara a raccogliere i boccioli più belli, ancora chiusi."

“Mia madre – ricorda Mariuccia – diceva che quel fiore rappresentava al meglio la vita del nostro albergo, pieno di energia, eleganza e sempre in fioritura anche quando era chiuso. Per me, per i miei compagni e le mie compagne di gioco, e naturalmente per Doc, il mio cane, la raccolta degli ellebori era uno dei momenti più divertenti dell’anno”. L’allegra comitiva partiva di mattina e percorreva la strada fino al borgo di Griante, e da lì saliva alle prime case della Carsolina, e lungo un sentiero che si snoda tra i boschi raggiungeva la Chiesa di San Martino, forse uno dei punti di vista panoramici più spettacolari sul Lago di Como. Il giorno dopo era un’altra meravigliosa passeggiata, fino all’abbazia di San Benedetto, un gioiello romanico dell’XI secolo, “e intorno il bosco era di puro incanto. Ognuno di noi aveva un cestino di vimini e facevamo a gara a raccogliere i boccioli più belli, ancora chiusi. E questa era una precisa indicazione di mia madre”, prosegue Mariuccia nei suoi ricordi.

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Tornati in hotel, ogni “raccoglitore” portava nelle cucine il suo piccolo tesoro e riceveva la ricompensa, Mariuccia e Doc compresi. Intorno ai grandi tavoli di marmo era già pronta una seconda squadra, solo donne questa volta, e ognuna aveva il compito di creare piccoli bouquet, aggiungendo agli ellebori, qualche foglia, qualche rametto di abete, qualche bacca arancione raccolta nei roseti del Grand Hotel Tremezzo. Un nastro di seta verde teneva ben stretti i gambi, già immersi nell’acqua perché potessero assorbirla il più possibile, e un altro nastro, intrecciato a un filo d’oro, chiudeva la scatola che proteggeva i fiori nel viaggio verso ogni ospite. Alla fine di dicembre il minuscolo ufficio postale di Tremezzo doveva occuparsi della spedizione di centinaia di questi piccoli pacchetti. Mariuccia, che fin da ragazza aveva una grafia di assoluta grazia, aveva scritto gli indirizzi e i biglietti di auguri firmati da tutta la famiglia. In pochi giorni gli ellebori avrebbero raggiunto la loro destinazione in Italia, ma anche all’estero, magia della posta di un tempo. Al tepore delle case i boccioli si sarebbero aperti e in quella corolla bianca sarebbe già fiorita la nuova primavera del Grand Hotel Tremezzo.